I Sette strumenti della qualità totale
Migliorare la qualità dei processi aziendali può sembrare, e in effetti è, un percorso complesso e di non semplice gestione. Esistono però alcuni strumenti di base che si configurano come preziosissimi per gestire le attività di miglioramento continuo in modo schematico, analitico e consequenziale. Parliamo di quelli che sono definiti i “Sette strumenti della qualità totale”. Ne parliamo approfonditamente in questo articolo.
Perché utilizzare i Sette strumenti della qualità totale
I sette strumenti appena citati sono noti ormai da decenni e impiegati da un altissimo numero di aziende: ma perché essi sono così preziosi e funzionali al benessere aziendale? Le ragioni sono soprattutto 3:
- Si tratta di strumenti basilari e sorprendentemente efficaci per risolvere la maggior parte dei problemi di qualità.
- La loro natura intuitiva li rende accessibili a un’ampia platea di collaboratori.
- Malgrado la loro elementarità, solo una minoranza di imprese riesce a integrarli in modo metodico e a capitalizzarne appieno i benefici.
Ora andiamo al concreto: i Sette strumenti della qualità totale sono:
- 1. Fogli di raccolta dei dati
- 2. Stratificazione
- 3. Diagramma di Pareto
- 4. Diagramma causa – effetto (o diagramma di Ishikawa)
- 5. Diagramma di correlazione
- 6. Istogramma
- 7. Carte di controllo
1. Fogli di raccolta dei dati
Per affrontare in modo efficace l’analisi di un problema, è fondamentale partire da una raccolta dati organizzata, che rappresenti fedelmente la realtà osservata. È essenziale stabilire con chiarezza le modalità operative e i tempi di acquisizione, insieme all’identificazione delle informazioni aggiuntive da annotare: questi aspetti costituiscono la base per un’interpretazione solida e accurata dei dati raccolti.
La raccolta può riguardare diverse tipologie di informazioni:
- Dati numerici discreti, come il numero di difetti distinti riscontrati all’interno di un processo produttivo durante un determinato periodo.
- Dati quantificabili, come ad esempio variazioni nel peso, nelle dimensioni o in altri parametri fisici di un prodotto.
- Dati spaziali, che localizzano precisamente un difetto su un oggetto, come nel caso della registrazione di graffi, ammaccature o irregolarità sulla superficie di un componente.
Tutti i dati ottenuti vengono successivamente aggregati in una sintesi visiva, che ne evidenzia la distribuzione secondo frequenza, intensità o localizzazione. Le informazioni supplementari raccolte insieme ai dati principali fungeranno da variabili di stratificazione, indispensabili per approfondire l’analisi e per individuare eventuali correlazioni o cause sistemiche.
2. Stratificazione
La stratificazione dei dati consiste nel raggruppare le informazioni raccolte in sottoinsiemi coerenti tra loro, sulla base di una variabile comune. Questo approccio permette di analizzare i dati in modo più dettagliato e mirato, individuando eventuali differenze o pattern nascosti che, altrimenti, verrebbero mascherati in una visione aggregata.
Per esempio, nel caso di misurazioni effettuate su componenti lavorati meccanicamente, è possibile classificare i dati secondo criteri come:
- La macchina su cui è stato eseguito il lavoro;
- Il turno durante il quale è stata effettuata la produzione;
- L’operatore responsabile della lavorazione;
- Il lotto di appartenenza del pezzo.
Questo metodo di suddivisione è spesso applicato anche durante l’analisi con strumenti grafici come il grafico di Pareto, l’istogramma o i diagrammi di correlazione, per rendere più chiara la distribuzione delle variabili in gioco.
La scelta delle variabili di suddivisione è un passaggio cruciale: da essa dipende la validità e l’efficacia dell’analisi. Se si selezionano i criteri giusti, i dati diventano realmente informativi; in caso contrario, le conclusioni che se ne traggono possono risultare poco affidabili o addirittura fuorvianti.
3. Diagramma di Pareto
Il Diagramma di Pareto è uno strumento grafico utilizzato per identificare e visualizzare le cause principali che influenzano un determinato fenomeno, basandosi sul principio di Pareto o regola 80/20. Questo principio suggerisce che circa l’80% degli effetti deriva dal 20% delle cause.
Questo schema consente di individuare in modo relativamente semplice le cause di un problema in quanto, trattandosi di una legge universale e sempre valida, un discostamento del diagramma dalla curva di Pareto è significativo del fatto che sono stati commessi degli errori in fase di ricerca della criticità. Questo diagramma, in breve, permette di riconoscere agevolmente le cause principali di un problema, consentendo di riversare le proprie energie, il proprio tempo e le proprie risorse su di esse.
4. Diagramma causa – effetto (o Diagramma di Ishikawa)
Il Diagramma causa – effetto, noto anche come Diagramma di Ishikawa o Diagramma a lisca di pesce, è funzionale soprattutto al conseguimento di tre obiettivi:
- Identificare le cause principali e secondarie di un determinato problema.
- Favorire il pensiero strutturato nel team.
- Agevolare la discussione collettiva e le attività di brainstorming.
Esso si struttura in 4 fasi:
- Definizione del problema: si identifica chiaramente l’effetto o il problema da analizzare e si scrive sulla destra del diagramma.
- Individuare le cause principali: si tracciano le categorie generali che potrebbero contribuire al problema. In ambito manifatturiero, è consigliabile partire dalle 4M, ovvero: Macchine, Manodopera, Metodi, materiali.
- Analisi delle cause secondarie: per ciascuna categoria, si elencano le sotto-cause più specifiche, collegandole ai rami principali.
- Verifica: si valutano tutte le cause identificate per determinare quali sono quelle davvero rilevanti, correggendole.
5. Diagramma di correlazione
Il Diagramma di correlazione viene solitamente impiegato in una fase successiva all’analisi delle possibili origini di un problema, una volta che sono state individuate le cause che si sospetta abbiano maggiore influenza sul risultato osservato.
Questo strumento permette di verificare se esiste una relazione tra due variabili: in particolare, se un certo risultato (indicato come Y) può essere associato a un fattore specifico (indicato come X), e quanto sia forte questo legame. In altre parole, serve a misurare l’eventuale connessione tra una causa presunta e l’effetto osservato.
È importante notare, però, che il grafico di correlazione consente di esaminare solo la relazione tra due elementi alla volta. Non è in grado di valutare l’interazione simultanea tra più variabili sullo stesso effetto, il che ne limita l’uso in analisi più complesse dove sono coinvolti diversi fattori contemporaneamente.
6. Istogramma
Nel contesto dell’ottimizzazione delle attività aziendali, uno strumento visivo particolarmente utile è l’istogramma, ampiamente adottato nelle pratiche di controllo qualità. Questo tipo di grafico è progettato per rappresentare visivamente la frequenza con cui si presentano determinati valori numerici all’interno di un insieme di dati.
Che si tratti di misurazioni continue – come la durata di un processo o la lunghezza di un componente – oppure di conteggi specifici – ad esempio il numero di errori rilevati in un determinato campione – il grafico suddivide i dati in fasce di valori, chiamate intervalli, per renderne più agevole l’interpretazione.
Ogni colonna riflette quante volte i dati ricadono in un certo intervallo, permettendo così di visualizzare la distribuzione complessiva delle osservazioni. Questa modalità di presentazione rende possibile, a colpo d’occhio, valutare aspetti come la media dei risultati, la variabilità e l’andamento generale dei fenomeni osservati.
La semplice osservazione della sagoma complessiva del grafico può suggerire indicazioni preziose, come ad esempio:
- La presenza di possibili anomalie o errori nella raccolta dei dati;
- La necessità di suddividere ulteriormente i dati in sottogruppi per ottenere maggiore chiarezza;
- L’eventualità che gli strumenti di rilevazione utilizzati non siano adatti allo scopo.
7. Carte di controllo
Per monitorare e tenere sotto controllo la variabilità all’interno di un processo produttivo, è comune ricorrere a uno strumento statistico consolidato e ancora oggi molto efficace: la carta di controllo. Si tratta di un grafico utilizzato per osservare nel tempo l’andamento di una specifica caratteristica del processo.
Una volta identificato il parametro da sorvegliare, la carta viene costruita tracciando:
- Il valore medio atteso di quella caratteristica;
- Due limiti di controllo, uno superiore e uno inferiore, che rappresentano i confini entro cui la variabilità naturale dovrebbe mantenersi. Questi limiti, in genere, si posizionano a più o meno tre deviazioni standard rispetto alla media, delineando l’area di variazione considerata fisiologica.
L’obiettivo delle carte di controllo è quello di segnalare eventuali anomalie nel comportamento del processo, in modo da distinguere tra variazioni comuni (cioè normali fluttuazioni statistiche) e variazioni speciali, che indicano la possibile presenza di problemi o cambiamenti specifici nel sistema.
Tuttavia, è importante sottolineare che questo strumento, per quanto utile, non è in grado di identificare la causa specifica che ha generato una variazione anomala; esso può solo evidenziare che qualcosa ha alterato l’equilibrio del processo.
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